Videopoker e NewSlot: due attori del mondo del gioco con vincita in denaro, espressione il primo di organizzazioni criminali, il secondo di organizzazioni imprenditoriali. Perché quindi continuare a confonderli?
E’ inutile ripetersi: da un anno a questa parte le campagne mediatiche contro il gioco d’azzardo non si contano più, demonizzando un intero settore e senza fare distinguo fra ciò che è lecito e ciò che non lo è (e non vuole esserlo).
E’ anche inutile negarlo: oltre otto anni di impegno nel rendere legale e controllato il gioco mediante apparecchi con vincita in denaro, strappando centimetro per centimetro mercato alla criminalità organizzata, che con tale business si garantiva da sempre guadagni illimitati, non sono serviti a fare cultura.
A chi pensava che l’iniziativa dell’allora Direttore Generale dei Monopoli, Giorgio Tino, fosse oltremodo ambiziosa, per le dimensioni del progetto e per gli interessi miliardari che andava a ledere, i risultati ottenuti in questi otto anni avrebbero dovuto dimostrare che quando c’è la volontà di costruire su fondamenta di legalità, trasparenza e competenza, anche quello che sembra impensabile può divenire realtà.
Certo, il fenomeno del gioco illegale non è debellato, se è vero che, a fronte delle oltre 400.000 slot regolarmente collegate alla rete telematica dei 10 concessionari, altre 200.000 (in base a quanto riportato nella relazione annuale della Procura nazionale antimafia) operano in totale clandestinità, procurando ingenti ed illeciti guadagni a soggetti senza scrupoli che di certo non hanno a cuore la tutela del giocatore.
Ed ecco che, quando si parla di questi temi, viene regolarmente fatto un uso improprio di un presunto sinonimo, affiancando due parole profondamente diverse: videopoker e NewSlot, il primo espressione di un mercato sommerso, illegale, di una gestione totalmente in mano ad organizzazioni criminali, la seconda attrice di uno scenario legale, controllato, gestito da soggetti che si sono aggiudicati gare ad evidenza pubblica (i concessionari) e che devono possedere, dimostrandolo, requisiti soggettivi ed oggettivi che ne attestano l’operato legittimo e regolamentato (gli operatori di gioco nel loro complesso).
Ad ulteriore garanzia di trasparenza, è stato anche istituito l’Elenco degli operatori del settore, un’opera di censimento costata, all’Amministrazione pubblica ed agli interessati, in termini organizzativi ed economici, ma necessaria per allontanare sempre di più, emarginandoli, coloro che operano nel totale disprezzo delle regole e delle norme.
Fare “di tutta l’erba un fascio” è quindi doppiamente colpevole: sia perché si accomunano contesti con connotati e finalità completamente diverse, sia perché, proibendo il gioco legale o impedendogli di essere esercitato in modo imprenditoriale, si riconsegna nelle mani dell’illegalità tutto quello che faticosamente, da oltre otto anni a questa parte, è stato conquistato a vantaggio dello Stato (introiti), dell’utente-giocatore (tutela) e dell’occupazione.
Se veramente si ha a cuore la tutela dell’individuo, si combatta l’illegale senza risparmio di energie e mezzi, con punizioni esemplari che dissuadano coloro che, allettati da facili guadagni, sono facile preda di organizzazioni ben più potenti e senza scrupoli, che da dietro le quinte attendono pazientemente che un proibizionismo talebano riporti nelle loro mani quanto inopinatamente qualche idealista visionario aveva osato sottrarre.
Relazioni esterne G.Matica