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Intervista a Geronimo Cardia "Il governo blocca il gioco pubblico. Ma a perdere è lo stato".

5 maggio 2020

Intervista a Geronimo Cardia, Presidente di ACADI, su Il Foglio “Il governo blocca il gioco pubblico. Ma a perdere è lo stato. Il settore è in “stallo” e ancora non si sa quando ripartirà. La propaganda esulta ma così, oltre a colpire le persone che ci lavorano, si favorisce l'illegalità e si fa un danno all'Erario: già persi 1,5 miliardi di gettito”

Su tutto il resto hanno opinioni contrastanti: in che modo e con quali tempistiche riaprire il paese, con quali interventi arginare la crisi sanitaria ed economica, a quali strumenti di finanziamento internazionale votarsi. Sul gioco d’azzardo, però, maggioranza e opposizione, stato centrale e regioni, sembrano un fronte compatto. La scorsa settimana, commentando con soddisfazione una determinazione dell’Agenzia delle Dogane che ne prolungava a tempo indeterminato la chiusura, Matteo Salvini ha scritto che riaprire sale giochi e slot machines “sarebbe stato un insulto a milioni di lavoratori e imprenditori che sono ancora chiusi in casa”. Mentre secondo il reggente dei Cinque stelle Vito Crimi “se non riaprissero più sarebbe meglio”.

Soltanto ieri il Consiglio regionale delle Marche ha approvato una mozione per chiedere il rinvio dell’apertura delle attività di gioco regolamentate dallo stato, e sul territorio nazionale sono numerose le iniziative dei sindaci che rivendicano azioni simili: posticipare, rimandare, chiudere. “La politica ha un rapporto con il gioco pubblico di odio e amore: da un lato, non perde mai occasione di fare valutazioni negative, peraltro ingiustificate se si pensa alla reale funzione sociale del comparto nota ai più ormai; dall’altro, ogni volta che cerca la copertura finanziaria per questa o quella manovra di politica economica vi ricorre sempre dimostrando in concreto un affidamento e un attaccamento di grande spessore", dice al Foglio Geronimo Cardia, presidente di Acadi, l’Associazione che con le filiere dei propri associati a livello nazionale contribuisce a generare 7 dei 10 miliardi di gettito all’anno e che aderisce a Confcommercio. “Quello del gioco legale è un terreno di regolamentazione relativamente recente e una certa opinione pubblica preferisce usare argomentazioni poco tecniche, solo apparentemente fondate e purtroppo ancora molto d’impatto. Ecco perché, soprattutto per questo comparto, trovare di questi tempi un’interlocuzione tecnica ed utile per dare al Paese ed agli utenti le soluzioni che meritano diventa complicato”.

In questo momento, secondo le disposizioni del dpcm del 26 aprile, la quasi totalità del settore del gioco legale si trova “in stallo”. Significa che mentre per la maggior parte delle attività commerciali una ripartenza scaglionata viene in qualche modo prevista, per gli operatori del gioco ancora non è stata individuata una data. “Ci sono diversi profili di criticità che dovrebbero far riflettere: innanzitutto nel complesso produciamo circa 10 miliardi di gettito erariale. Abbiamo calcolato che per ogni mese di chiusura il danno per le casse dello Stato è di 750 milioni di euro. A ora siamo almeno al doppio, e se rimaniamo chiusi fino a giugno arriviamo fino a oltre 2,2 miliardi di euro, che non è poco rispetto alle esigenze di copertura evidenziate dal Def”, spiega Cardia. “In più svolgiamo una funzione sociale chiara, che è quella di presidio del territorio con un’offerta pubblica di gioco che agisce da anni sia sul piano del contrasto alla diffusione dell’offerta illegale – sempre pronta a rispondere alla domanda di gioco che comunque esiste –, sia sul piano del contrasto al disturbo da gioco d’azzardo, mettendo a disposizione degli utenti prodotti di gioco misurati e calibrati dalla legge con tutti i vincoli dei parametri di gioco quali le giocate, le vincite, i tempi di gioco etc.”.

Non a caso è stato proprio il capo della Polizia, Franco Gabrielli, a dire che “la chiusura delle sale giochi e l’interruzione delle scommesse sportive e dei giochi gestiti dai Monopoli di Stato potrebbero aumentare il ricorso al gioco d’azzardo illegale online”. Certo, è vero che anche una parte dell’offerta legale si è trasferita su internet. Ma queste piattaforme rappresentano solo una fetta della torta: secondo una ricerca dell’Associazione Avviso Pubblico nel 2018 erano circa 400 a fronte delle oltre 1000 di natura illegale, in aggiunta alle migliaia registrate su provider esteri. “L’atteggiamento proibizionista non funziona, perché laddove viene a mancare, soprattutto se all’improvviso, un’offerta di gioco pubblico, la criminalità organizzata cerca di rispondere a una domanda che in ogni caso persiste”, aggiunge Cardia.

C’è poi l’aspetto occupazionale, non secondario per un settore che nel complesso occupa direttamente circa 75 mila persone. “Stiamo registrando le grida di dolore delle aziende e dei dipendenti dei nostri associati e delle loro filiere. Quando senti parlare di tutele dei livelli occupazionali, viene spontaneo chiederti: ma allora i nostri sono lavoratori di Serie B? È assurdo che per la logica dei codici Ateco, alle aziende dei giochi pubblici, che hanno lavoratori qualificati come incaricati di pubblico servizio, venga negato perfino il prestito da 25 mila euro. E tutto questo a causa di un pregiudizio, nonostante per l’intero comparto l’aspetto reputazionale sia prioritario”.

Il settore è abituato a operare con dei versamenti in regime di ritenuta d’acconto, tra due settimane è prevista la prossima scadenza, e quando si prova a chiedere se gli operatori riusciranno a onorarla, la risposta è “che c’è forte preoccupazione che ciò possa rappresentare uno scossone per la tenuta del sistema, sia per il fatto che alle somme in acconto non corrisponderanno delle somme effettivamente incassate per il prolungamento del lockdown, sia perché gli equilibri finanziari del comparto erano delicati prima dell’emergenza”. L’Acadi ha chiesto al governo, oltre al differimento e alla rateizzazione dei versamenti di cui sopra anche per periodi successivi alla chiusura, l’estensione delle misure di sostegno al reddito. E la possibilità di ripartire al più presto, alla pari dei negozi al dettaglio, rispettando un rigido protocollo di sicurezza messo a punto già da alcune settimane. “Bisogna sbloccare questa percezione nei nostri confronti. D’altronde siamo un braccio dello stato. E chi rema contro di noi non vorrei finisca inconsapevolmente per remare a favore dell’illegalità” chiosa Cardia.



 

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