Sul giudizio per la revocazione della sentenza sul distanziometro espulsivo della Provincia di Bolzano è stato deciso di non affrontare nel merito le questioni proposte.
Il 31/11/2022, con le sentenze numero 10322 (RG 4115/2019), 10323/2022 (RG 4067/2019), 10324 (RG 4062/2019), 10366 (RG 4044/2019), il Consiglio di Stato ha rigettato le istanze con le quali gli operatori avevano chiesto la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato - SEZ. VI n. 1618/2019 resa tra tutte le parti all’epoca riunite in un unico giudizio avviato nel lontano 2016 e che ha visto gli operatori nel frattempo abilitati ad esercitare l’attività in ossequio alle esigenze cautelari riconosciute in tutti e tre i livelli di giudizio (al Tar, al Consiglio di Stato ed in sede di revocazione).
La moltiplicazione delle spese
Qui in disparte le valutazioni sul fatto che i procedimenti erano stati inizialmente riuniti dal Collegio anche per chiare esigenze di economia processuale ma poi definiti con sentenza separata “in quanto assegnata a diverso collegio” e sul fatto che i ricorrenti avessero sollevato le questioni specificamente con riguardo ai rispettivi comuni di interesse e non agli altri coinvolti da altri ricorrenti (circostanze queste che hanno portato all’ applicazione di ripetute spese di soccombenza), nel merito va riscontrato il giudizio di inammissibilità reso dai Collegi che di fatto ha reso non possibile affrontare la valutazione proposta dai ricorrenti di rimettere alla Corte Costituzionale le questioni di illegittimità sollevate per la loro ritenuta non manifesta infondatezza. Detto ciò, e per quanto riguarda invece il giudizio sull’inammissibilità deve rilevarsi invece quanto segue.
Le proposte ragioni dell’inammissibilità
La motivazione esposta con riguardo ad uno dei ricorrenti intervenienti (nel giudizio 10323/2022 (RG 4067/2019)) è che “nella sentenza impugnata non è stato rilevato alcun errore revocatorio che possa avere indotto il giudice a travisare il senso di quanto riferito dal consulente tecnico, le cui affermazioni sono state puntualmente esaminate e valutate nella sentenza impugnata, la quale se ne è intenzionalmente, ma motivatamente, discostata a tratti, e, peraltro, non su fatti oggetto di accertamento, ma su opinioni espresse dal c.t.u.”
Gli interessi lesi non sono solo il diritto all’impresa
Nella sentenza in commento anzi tutto viene affermato che l’invocata censura di non manifesta infondatezza riguarderebbe unicamente la violazione dell’articolo 41 della costituzione, quando in realtà la censura è stata sollevata altresì per gli altri interessi costituzionali ritenuti violati, tra cui lo stesso art. 32 relativo alla salute, essendo anche per il CTU quella in questione una legge che può rivelarsi contro lo scopo (di tutelare la salute appunto).
La ricostruzione degli errori proposti
La sentenza in commento poi riassume gli errori denunziati precisando quanto segue:
(i) “un primo travisamento della CTU sarebbe contenuta nella sentenza laddove sostiene che le sale del centro potrebbero spostarsi nelle periferie senza problemi e sopravvivere ed esistere grazie ai maggiori ricavi assicurati dai giocatori problematici e patologici, mentre la CTU avrebbe invece chiarito che l’apporto dei maggiori ricavi dei giocatori problematici e patologici si sarebbe esaurito nel breve periodo”;
(ii) “le affermazioni contenute in sentenza secondo le quali le realtà economiche potrebbero senza problemi spostarsi in periferia e continuare ad avere gli stessi ricavi, derivanti dai maggiori introiti delle giocate effettuate da giocatori problematici e patologici, traviserebbero lo stesso CTU in quanto lo stesso avrebbe tra l’altro ravvisato che “la definizione delle aree ora disponibili è però senz’altro idonea a determinare una contrazione del segmento di mercato de quo” e che “qualche operatore locale potrà sopravvivere nel caso goda di qualche fattore esclusivo”. Secondo la ricorrente incidentale, non sarebbe accettabile che l’offerta del gioco pubblico sia relegata “nelle periferie” e che si regga sulle debolezze dei giocatori problematici e patologici”;
(iii) “Anche nella parte della sentenza laddove “osserva che, sebbene secondo le valutazioni del c.t.u. tale categoria di giocatori sia caratterizzata da un profilo di rischio assente o basso rispetto alla possibilità di sviluppare comportamenti patologici di gioco, l’introduzione del distanziometro, sotto il profilo della tutela della salute, ben può essere ritenuto un intervento idoneo ed efficace per prevenire forme di ludopatia, nella misura in cui il gioco occasionale sia interpretato come lo stadio iniziale di un processo che, ancorché in termini probabilistici, porti linearmente allo sviluppo di una dipendenza”, (…) [l’interveniente] riscontra una lettura dell’efficacia del distanziometro e della norma provinciale diversa da quella del CTU e dei consulenti medici dei ricorrenti, in quanto la sentenza incentrerebbe tutto sui giocatori sociali, razionali. Il CTU ed i periti medici non avrebbero mancato di evidenziare valutazioni diverse sul distanziometro e sulla sua efficacia, richiamando sul punto anche la letteratura scientifica, “considerata dal CTU ma non dalla sentenza”
(iv) “Un ulteriore travisamento centrale viene individuato (…) nella affermazione che le sale potrebbero spostarsi in periferia senza problemi, in quanto “la distanza degli esercizi dal baricentro dei vari comuni non costituisce un fattore incidente sulla capacità complessiva di raccolta degli esercizi medesimi” posto che “la spesa complessiva destinata ai diversi prodotti di gioco è molto più elevata nel caso di giocatori problematici e patologici (…) molto più propensi allo spostamento verso i nuovi siti (…), e che, per altro verso, la specializzazione dell’offerta sulle categorie dei giocatori ad elevato rischio è più redditizia per le imprese offerenti”. (…) tale affermazione sarebbe contradittoria con la parte conclusiva della sentenza, ove la stessa precisa che “Né le considerazioni innanzi svolte [secondo cui il distanziometro funziona] possono ritenersi infirmate dalle osservazioni del c.t.u. per cui la contrazione dei segmenti di domanda da servire porterebbe inevitabilmente gli operatori degli esercizi dedicati a concentrare le proprie strategie commerciali verso i giocatori non occasionali, disposti a spostarsi per soddisfare il proprio bisogno di giocare, talché, nel breve termine, la raccolta di gioco relativa ai giocatori patologici o problematici, ovvero relativa a coloro che si caratterizzano per profilo di rischio moderato e/o severo, non dovrebbe subire per il complesso delle sale ubicate nel territorio provinciale variazioni significative, poiché tali consumatori, per i meccanismi sottesi alle dipendenze, sarebbero disposti a spostarsi anche di molto al fine di soddisfare il bisogno di gioco, con il conseguente rischio di una concentrazione delle strategie degli operatori verso i giocatori problematici con la finalità di attirarne un maggior numero all’interno delle sale e con la possibilità che una parte più o meno ampia di questi possa aggravare il proprio comportamento di gioco nella direzione dello sviluppo di una reale dipendenza patologica. Trattasi, invero, di effetti negativi nel breve periodo, da affrontare in un momento successivo con interventi adeguati incentrati sulle categorie dei giocatori problematici, mentre nella presente sede appare dirimente la non implausibile efficacia preventiva sulle categorie dei giocatori sociali/occasionali e delle fasce giovanili, onde impedirne un’evoluzione in senso patologico nel comportamento di gioco”. Secondo (…) [l’interveniente], affermare che sia assodato che spostare in periferia l’offerta di gioco e le sale significa tutelare tutti i giocatori razionali, rappresenterebbe un travisamento della CTU”
Le conclusioni sugli errori, la necessità di un’adeguata motivazione rispetto alle divergenze interpretative dalla CTU
Tra le diverse conclusioni di rigetto proposte nella sentenza in commento si legge la seguente che si palesa riepilogativa “Non vi è dunque alcun travisamento dei fatti ma, semmai, una divergenza interpretativa che, se adeguatamente motivata, rientra nel potere del giudice di valutare la CTU, ed in ogni caso non è censurabile con lo strumento della revocazione”.
Tale passaggio è rilevante, in quanto: (i) viene riconosciuto che vi è una divergenza tra la valutazione operata nella sentenza e quanto indicato nella CTU; e (ii) viene correttamente statuito che la divergenza rientra nel potere del Giudice con la precisazione che ricorra la condizione che essa sia “adeguatamente motivata”.
Ebbene, è possibile verificare che ai fini della verifica dell’adeguata motivazione della divergenza, la sentenza in commento si limiti a richiamare i passaggi virgolettati della sentenza impugnata ritenendoli esaustivi in quanto tali, senza però entrare nel merito delle caratteristiche degli errori revocatori proposti che invece hanno viziato insanabilmente, secondo il ricorrente interveniente, la motivazione della divergenza.
La possibilità di riproporre le incongruenze della sentenza impugnata
Ad ogni buon conto, va rilevato che il passaggio in giudicato della sentenza di revocazione per la dichiarata inammissibilità dei ricorsi non impedisce di mantenere in evidenza le numerose contraddizioni rispetto alle risultanze della CTU palesate nella sentenza impugnata, nonostante anch’essa sia ormai passata in giudicato.
Dette contraddizioni, infatti, ben potranno essere oggetto di verifica in occasione della trattazione dei ricorsi ancora pendenti relativi al distanziometro della Provincia di Bolzano, rinviati in attesa della sentenza di revocazione, sul ritenuto presupposto della sua portata dirimente nella misura in cui il relativo esito avesse portato alla rimessione alla Corte Costituzionali delle questioni sollevate.
Geronimo Cardia
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