Avere chiaro il quadro complessivo è l’unica via per un riordino efficace. E il legislatore ha già dimostrato di avere chiaro il quadro complessivo dei giochi pubblici quando ha voluto tutelare l’utente in una fase delicata come quella dell’assegno di inclusione. Nel libro appena pubblicato facciamo il punto. (Jamma, maggio 2024)
In questo articolo mettiamo in evidenza un principio di diritto che riguarda la tutela dell’utente del gioco pubblico, in relazione al quale sia il legislatore sia la massima espressione del potere giudiziario hanno dimostrato piena consapevolezza. Il principio è quello secondo cui, se si ritiene di individuare una nuova disposizione a tutela dell’utente, non si possa prescindere dal fatto che vi sono diverse tipologie di giochi, e non una sola, che vi sono diverse forme di distribuzione, e non una sola. Questi ed altri aspetti vengono affrontati nel libro appena pubblicato con Giappichelli “Il gioco pubblico in Italia: riordino, questione territoriale e cortocircuiti istituzionali”.
Premessa
Lo spunto è la sentenza della Corte Costituzionale del 29 marzo 2024, numero 54 che si è occupata, respingendola, della rimessione della questione di legittimità costituzionale riguardo alla norma che condanna un utente che avrebbe omesso di dichiarare le vincite conseguite con il gioco on line nelle fasi di accesso e percezione del noto reddito di cittadinanza.
La tutela dell’utente a 360 gradi.
Ora, a prescindere dalle motivazioni che hanno portato la Corte alle richiamate conclusioni, lo spunto che si vuole mettere in rilievo è quello della sentenza in cui viene descritto il sistema che il legislatore ha ritenuto di normare con la precisa finalità di tutelare l’utente, ed in particolare sia il suo portafoglio sia ancor prima la sua salute, nelle fasi di vita che si eventualmente intersecano con l’accesso e la percezione del noto reddito di cittadinanza, così come dell’assegno di inclusione.
Il passaggio della sentenza è il seguente: nel richiamare che strutturalmente il reddito di cittadinanza presuppone "precisi impegni dei destinatari", il cui inadempimento implica la decadenza dal beneficio» (…) Risulta quindi coerente (…) la previsione, contenuta nell'art. 5, comma 6, sesto periodo, del d.l. n. 4 del 2019 (...), che «[a]l fine di prevenire e contrastare fenomeni di impoverimento e l'insorgenza dei disturbi da gioco d'azzardo (DGA), [ha] in ogni caso fatto divieto di utilizzo del beneficio economico per giochi che prevedono vincite in denaro o altre utilità» - norma peraltro confermata anche in riferimento all'assegno di inclusione, istituito a decorrere dal 1° gennaio 2024, in sostituzione del Rdc, dall'art. 4, comma 9, del d.l. n. 48 del 2023, come convertito.”
Ed ancora “L'eventuale situazione di povertà in cui la persona si sia venuta a trovare nonostante le vincite è (…) quella di chi, avendo una disponibilità economica, l'ha dissipata giocando. A ragionare altrimenti, del resto, non solo si rischierebbe, in ipotesi, di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre, ma anche di creare, in ogni caso, una rete di salvataggio che si risolverebbe in un deresponsabilizzante incentivo al gioco d'azzardo, i cui rischi risulterebbero comunque coperti dal beneficio statale del Rdc”.
In questo passaggio, dunque, la Corte mette in evidenza quanto il legislatore abbia avuto chiaro in mente di dare una tutela dell’utente a 360 gradi, prevedendo una misura che riguarda tutti i prodotti di gioco, non solo alcuni di essi, che riguarda qualsiasi forma di distribuzione, on line e territorio, non solo una di esse.
Questo non vuol dire certamente che ogni misura di contrasto al DGA debba necessariamente essere applicata indistintamente a tutte le forme possibili di gioco e di distribuzione: ci sono casi in cui ciò risulta, peraltro, anche oggettivamente impossibile o non utile.
Ma l’errore che non si deve più commettere è quello di imporre misure di contrasto selettive senza rendersi conto dell’effettiva necessità che siano selettive e senza prevedere e prevenire gli effetti collaterali che si possano generare, sia in termini di tutela della salute, sia di perdita di gettito erariale, sia di presidio di legalità, sia di posti di lavoro.
Il libro appena uscito è anche e soprattutto sulla tutela dell’utente
Nel libro appena uscito “Il gioco pubblico in Italia: riordino, questione territoriale e cortocircuiti istituzionali” si trattano gli aspetti delle misure di contrasto al disturbo da gioco d’azzardo previste da regioni e comuni. E lo si fa partendo dalle origini del tema.
Il comparto del gioco pubblico nella forma che abbiamo oggi nasce infatti all’inizio del 2000 quando il Parlamento pone l’accento sul fatto che oltre alle lotterie, al lotto e al totocalcio vi era una domanda da parte degli utenti di anche altre tipologie di giochi, non soddisfatta dallo Stato, con la criminalità organizzata impegnata a colmare il gap.
E cosi fino al 2010 si registrano nelle varie legislature le regolamentazioni a livello nazionale di diverse verticali distributive di gioco come quella delle sale bingo, delle cosiddette slot machines, delle scommesse, dell’on-line, delle videolotterie etc.
Dal 2010 in poi tutte le regioni e province autonome, in virtù del titolo V della Costituzione per la tutela della salute, e moltissimi comuni, in virtù del testo unico degli enti locali, hanno sviluppato una serie di norme e regolamenti prevedendo delle misure con l’obiettivo di tutelare le cosiddette fasce deboli e di contrastare il disturbo da gioco d’azzardo. Di base le misure prescelte sono state i cosiddetti distanziometri dai luoghi cosiddetti sensibili, da parte delle regioni, e le limitazioni di orario di distribuzione, da parte dei comuni.
Il punto di partenza è che, tuttavia, dette misure hanno di fatto limitato alcune e non tutte le tipologie di gioco, e di queste tipologie di gioco solo quelle distribuite sul territorio, e sono state concepite senza una strategia di contrasto coordinata, complessiva e senza quella fondamentale consapevolezza delle specificità di ciascuna tipologia di gioco e di ciascuna forma di distribuzione.
Peraltro, alcune misure si sono rivelate nel tempo in concreto espulsive perché in qualche modo inattuabili e insostenibili per colpa della eccessiva severità dei parametri utilizzati.
Conclusioni
Tra i temi trattati nel libro pubblicato certamente emerge anche quello della strategia globale e consapevole per il contrasto al DGA che rappresenta la via maestra per un riordino realmente efficace ed a tutela degli interessi costituzionali che presuppongono l’esistenza del comparto del gioco pubblico.
Geronimo Cardia
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