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Passamonti: «Non dovete considerarci la causa di tutti i mali. Si può ancora trattare»

«A queste condizioni le aziende non aderiranno alla transazione. Preferiamo aspettare il giudizio d'appello, siamo sicuri che ci darà ragione». Forse sono una scommessa (visto il ramo) le parole di Massimo Passamonti, presidente di Confindustria sistema gioco Italia, associazione che rappresenta le società concessionarie delle slot machine. Sicuramente sono un problema per il governo e un'altra incognita sulla cancellazione della prima rata Imu di quest'anno. Dice il decreto approvato mercoledì scorso che una bella fetta dei soldi necessari per eliminare la tassa sulla casa dovrebbe arrivare proprio dalle scommesse, chiudendo un contenzioso che si trascina da anni. A febbraio la Corte dei conti ha condannato dieci aziende a pagare 2,5 miliardi di euro, perché nel periodo 2004 - 2009 le slot machine non erano collegate alla rete di controllo. Mancato gettito per lo Stato, danno erariale, da qui la sanzione della Corte dei conti.

Il decreto Imu propone di chiudere la partita pagando subito il 25% di quella somma, 600 milioni, una procedura prevista da una legge del 2006. Non è un'offerta vantaggiosa? «Se fosse un regalo - risponde Passamonti - ci sarebbe già la fila per pagare. Se la fila non c'è è perché non è affatto vantaggiosa ma insostenibile. Anche il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla vicenda, ed ha escluso qualsiasi responsabilità a carico dei concessionari».
Le responsabilità, a loro giudizio, sarebbero tutte della Sogei, la società che ha realizzato il collegamento in ritardo, e dei Monopoli. Per questo hanno fatto ricorso, la sentenza d'appello è attesa ad inizio dell'anno prossimo. E non è semplice fare previsioni. In primo grado la procura aveva chiesto una sanzione molto più alta, addirittura 98 miliardi. Non sarebbe conveniente, per le società, chiudere subito? «È chiaro - dice Passamonti - che vogliamo definire la questione: avere per anni la spada di Damocle di un giudizio non è la situazione ideale. Ma deve essere una soluzione accessibile e ragionevole. Quella scritta nel decreto non lo è ma se ci mettiamo seduti ad un tavolo possiamo ragionare. Ricordando a tutti che questa vicenda non riguarda l'evasione fiscale e quindi non può essere un condono, come qualche ignorante continua a sostenere».

Non sarà facile trovare una soluzione. Dopo anni di crescita galoppante, l'intero settore dei giochi viene guardato con sospetto, accusato di creare dipendenza, di trascinare verso la povertà proprio le persone più deboli, specie in tempo di crisi. Ieri è stato l'Avvenire , il quotidiano dei vescovi, a schierarsi in prima pagina contro l'idea di «premiare azzardopoli». «Non c'è dubbio - dice ancora Passamonti - che lo sviluppo del mercato abbia portato ad alcuni eccessi. Ma non siamo certo la causa di tutti i mali. Come Confindustria abbiamo presentato un piano per ridurre il numero degli apparecchi». Sulle accuse pesano anche le infiltrazioni della criminalità: tra le società condannate dalla Corte dei conti c'è anche la Bplus, non rappresentata da Confindustria, e fino a poco tempo fa controllata da Francesco Corallo, arrestato nell'inchiesta sulla Banca popolare di Milano. «È chiaro che una rete così grande non può sfuggire al rischio infiltrazioni. Ma quelle accertate rappresentano l'1,4%, molto meno che in altri rami dell'economia italiana. Il gioco è il settore più controllato nel nostro Paese. Ed è giusto che sia così».
Salvia Lorenzo
Pagina 11 (31 agosto 2013) - Corriere della Sera
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